Ecco vi annuncio la buona notizia di una grande gioia
Lc 2, 1-14
Sì, certo: la solita ingenua illusione di Natale! Poi passa anche quello e tutto torna come prima, sprofondando nella logorante ordinarietà delle cattive notizie, dei disagi sociali ed economici, delle tragedie annunciate, delle guerre infinite…
Non c’è gioia; anzi, forse neppure esiste! E chi ne parla o la abbozza in un sorriso, appare ipocrita più che ingenuo.
Eppure la gioia è proprio ciò che più ci manca; è il desiderio di ciascuno e il rimpianto di ogni scelta. Già, la gioia: che se ci fosse davvero non avrebbe prezzo e colmerebbe da sola tutti gli anfratti delle amarezze e delle delusioni; guarirebbe tutte le malinconie e le depressioni; farebbe traboccare gli affetti e renderebbe perenni le promesse e feconde le parole e sincere le intenzioni.
Ma questa gioia ce l’hanno rubata, ce l’hanno resa un inganno mascherandola di falsi miraggi; ce l’hanno ridotta a sorsi che non dissetano e a lusinghe che generano solo amarezza. Ci hanno fatto credere (e noi gli abbiamo creduto volentieri!) che è meglio salvarsi che salvare; che è più conveniente arraffare che servire; che è vantaggiosa la prepotenza piuttosto che la gentilezza; che non paga essere buoni, ma rende molto fare i propri interessi; che non ha senso essere giusti e corretti quando tutti fanno a modo loro; che è meglio che siano altri a rimetterci e perfino a morire purché stiamo bene noi; che è inutile preoccuparsi di problemi lontani quando ci sono già i nostri da risolvere… Insomma, ci hanno disilluso, ci hanno dimostrato che la gioia non c’è, ma esiste soltanto quel cinico ghigno di chi, avendoci privato del bene, del vero e del bello, pensa di averci così dimostrato che niente vale la pena, per cui non c’è altro da fare che trascinare tutto e tutti nel vortice dello sfruttamento personale che, seppure breve e momentaneo, è tutto ciò che resta all’uomo.
Per di più, proprio chi sta più in alto e avrebbe maggiori possibilità di cambiare le cose, è di fatto ancora più irretito dall’egemonia, dalla supremazia e dal profitto. E quindi cosa può mai valere l’impegno di pochi? Cosa può mai risolvere un gesto quotidiano di cambiamento o di giustizia o persino di risparmio?
No, la gioia non esiste né tantomeno è calata dall’alto! A meno di una dimostrazione che questa vita e questo mondo abbiano un significato diverso. Ci vorrebbe allora un… segno, un indizio, una prova sicura che possa rimandarci ad… altro!
Questo per voi il segno: un bambino in una mangiatoia
Che segno è mai questo? Che la storia concreta, così com’è, è essa stessa significativa? Che la carne, cioè il tempo, la vita ordinaria, le cose di sempre, persino la morte, sono indizio definitivo di salvezza?
Ma… il tempo scorre; la carne si deteriora; tutto passa. Come allora è possibile che la storia sia segno di salvezza?
Forse allora occorre guardare bene QUEL bambino, ossia QUELLA vicenda umana ben precisa, QUELLA storia particolare e originale di cui non è possibile pensare nulla di più piccolo, tanto da far posto al mondo, al creato, a ciascuno di noi; è talmente piccola quella storia da poter stare ovunque e con tutti e quindi da poter essere condivisa da ogni situazione o persona; così piccola che sta sotto i piedi di tutti, calpestata, ignorata, persino disprezzata; tanto piccola da non ribellarsi mai, né mai gridare con prepotenza o spirito di rivalsa; infinitamente piccola, tanto da perdersi nella morte più vergognosa e nel dolore lacerante del cuore; oltremodo piccola, così che la fiducia incondizionata in Dio e negli uomini è la sua unica sopravvivenza…
Che storia è mai questa? E’ davvero possibile esistere in questo modo? E’ ragionevole abbassarsi così tanto per innalzare l’altro? Hanno davvero senso la solidarietà, la fiducia, l’amore?
E subito apparve una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria e pace».
Non basta dunque un segno e neppure quel segno specifico. Occorre che in quel segno si manifesti il significato di tutto e il senso autentico della vita in questo mondo!
La presenza degli angeli nel racconto della nascita di Gesù, ha la funzione di indicare che tale segno proviene da Dio stesso, è il SUO stile, la SUA maniera di essere e di vivere, è… Lui stesso! Appare infatti la gloria di Dio, cioè il suo volto, la sua presenza, il suo vero aspetto. E si manifesta la pace, ossia la somma di tutto il bene per l’uomo, quel bene autentico che lo rende davvero umano e quindi…divino, immagine bella e lieta del volto benevolo e sereno di Dio.
Nasce allora, solo allora, la gioia! E il canto degli angeli esprime proprio la lode gioiosa per il fatto che finalmente cielo e terra, Dio e uomini si sono uniti nel medesimo intento, nelle stesse scelte, nell’unica volontà di bene, di gratuità, di servizio generoso, di perdono reciproco.
C’è gioia infatti, quando un marito e una moglie sanno comprendere e sostenere le reciproche fragilità; c’è gioia quando un figlio sa ringraziare per ciò che quotidianamente riceve dai propri genitori; c’è gioia ogni volta che il dovere è compiuto responsabilmente, così che la società intera ne trae beneficio; c’è gioia quando si semina bellezza in ogni arte e in ogni ambiente; c’è gioia quando si serve senza utile, ma solo perché il rispetto e la dignità dell’altro siano salvaguardati; c’è gioia quando si fa spazio anche ad altre idee, ad altri progetti e ad altri suggerimenti; c’è gioia quando una carezza o un abbraccio esprimono un perdono incondizionato e l’offerta sincera di una nuova possibilità; c’è gioia quando si sa rinunciare a qualcosa perché anche l’altro sia felice; c’è gioia persino quando ci si perde o si paga di persona purché nessun altro soffra o muoia!
Ma allora la gioia esiste!? Certo! Esiste nel momento in cui io, tu e ogni altro cominciamo a scegliere, anzi, cominciamo a vivere COSÌ. E non importa se siamo in pochi o persino da soli, perché la gioia è nell’atto stesso del dono. Dio è Dio perché dona e si dona e in questo consiste la sua felicità, la felicità di amare.
L’uomo trova se stesso solo nel dono gratuito di sé e allora questa felicità va praticata e insegnata, anche se spesso ci riusciamo solo un poco; tuttavia questa è la nostra dimensione profonda e autentica, che se vi rinunciassimo, allora sì che saremmo davvero infelici: quando siamo arrabbiati, non siamo felici; quando siamo egoisti o cattivi non siamo felici; quando ci allontaniamo da qualcuno e non ci parliamo più, non siamo felici; quando in una famiglia c’è prepotenza o discordia non siamo felici; quando sul posto di lavoro ognuno pensa ai propri interessi non siamo felici; quando chiudiamo occhi e cuore per rimanere indifferenti al mondo, non siamo felici; quando la violenza o il bullismo sono la quotidianità non siamo felici; quando chi è debole o diverso è giudicato, vessato e messo a margine non siamo felici… E persino se cercassimo solamente di essere amati (che è il più grande egoismo!), nessuno tenderebbe a dare amore, per cui resteremmo tutti in attesa di essere amati e il nostro bisogno di amore rimarrebbe senza risposta; e saremmo, ancora una volta, tutti infelici!
Invece se tutti amassimo, tutti saremmo amati e tutti riceveremmo amore! È proprio vera allora quella parola di Gesù (stranamente non contenuta nei Vangeli e che tuttavia li riassume interamente) che dice che “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20, 35).
Questo dovrebbe essere anche il senso dei doni che a Natale ci scambiamo: far felici gli altri, disegnare il sorriso su ogni volto, rallegrare qualsiasi solitudine, colmare il vuoto di ogni pena o sofferenza. E perché allora non farci dei regali ogni giorno dell’anno attraverso quei doni che sono la gentilezza, il riguardo, la riconoscenza, l’attenzione, la sopportazione, il perdono, l’accoglienza, l’aiuto vicendevole, il rispetto di tutto e di tutti, l’onestà, la sincerità… insomma… il BENE! E se già in casa nostra, in parrocchia, in città si vivesse così, tutto (o per lo meno tanto) sarebbe diverso, più bello, più umano: sarebbe la GIOIA!
Il segno ci è stato dato e dimostrato; ad ogni Natale ci viene ricordato. Che sia la volta buona?
don Mauro