26 agosto 2024
Vorrei invitarvi a pensare a S.Alessandro come ad una guida: egli è stato un soldato ed un santo, due aspetti della sua vicenda umana che lo connotano proprio come guida e riferimento per altri.
Una Città ha bisogno di guide che siano riferimenti validi per il buon vivere sociale, per garantire l’ordine e il rispetto reciproco, per provvedere a eventuali carenze o necessità, per incentivare e far crescere ciò che di buono, di bello e di utile una comunità o i singoli cittadini generano o coltivano.
E’ sempre latente per la guida il rischio in cui è incorso il re Antioco di cui ci ha parlato la seconda lettura (Mac 6, 1-17), ossia la depressione generata dal mancato raggiungimento dei propri obiettivi, benchè governasse su Asia Minore, Persia, Siria e Mesopotamia! Il potere, la prepotenza, le ricchezze non bastavano, tanto da morire male, insoddisfatto, triste, infelice.
Giovanni Battista invece vive nel deserto (Mc 1, 4-8), vestito e nutrito con poco; attende altro, guarda oltre, desidera un futuro che non è frutto delle sue aspettative, ma che è ricevuto come dono dall’alto e, proprio per questo, il suo orizzonte è vasto e sa che niente sarà perso con la sua morte, ma tutto proseguirà secondo i progetti di Dio.
S.Alessandro poi, diviene guida suo malgrado: non ha scelto lui questo ruolo; eppure le circostanze della vita lo conducono a prendere posizione, diremmo oggi “a schierarsi”, a dover decidere e a prendere sul serio persino l’orientamento e le motivazioni da dare alla propria morte. In una conversione lenta che passa attraverso le intemperanze della vita militare e la viltà di chi teme per se stesso, tanto da fuggire più volte pur di salvarsi, Alessandro impara a divenire un uomo libero, dagli orizzonti più ampi e col coraggio di chi sa mettersi in gioco in prima persona.
Anche i difetti quindi, anche i nostri limiti o le ristrette circostanze possono essere l’occasione per fare bene, per impegnarci, per fare la differenza e per cambiare le cose. Chi è guida e riferimento non lo è perché impeccabile o infallibile, ma proprio perché conosce da vicino la fatica delle scelte grandi e il rischio che il volare alto comporta; eppure, fidandosi e rispondendo ad una chiamata più grande dei propri limiti, la guida si lascia plasmare da ciò in cui crede e diviene un uomo nuovo.
Per chi è credente, tale chiamata corrisponde non tanto ad un ideale o a un valore (che già comunque significherebbero molto!), ma addirittura ad una Persona, la cui presenza nella storia motiva ogni impegno, ogni scelta e ogni finalità.
Forse oggi abbiamo necessità di riscoprire anche nella militanza politica le ragioni che ci animano e i motivi che ci sostengono; e forse, per coloro tra noi che sono credenti, occorrerebbe esprimere con più franchezza che l’origine delle proprie posizioni e delle proprie scelte è costituita da Cristo che noi professiamo come vero uomo, cioè uomo autentico, integrale, vero e unico modello capace di salvare e di promuovere tutte le verità umane affermate o presentite in ogni altro umanesimo, unendole in modo organico e vitale ad altre verità (Jacques Maritain, 1936).
Al riguardo ci sarebbe molto da verificare sugli schieramenti o le prese di posizione o le contrapposizioni che spesso emergono nella gestione della politica cittadina: quanto di tutto ciò è dettato da un riferimento alto e nobile oppure da rimostranze e puntigli (se non addirittura… ottusità) personali!? Anche la politica si deve convertire e di continuo. Ciò non significa ostentazione né bigottismo, ma ritorno alle radici autentiche e pure dell’impegno civico.
Il grande Cardinal Martini suggeriva di domandarsi spesso “Quid hoc ad evangelium?” (cosa c’entra questa cosa, questa scelta, questa presa di posizione… col vangelo?). Non farebbe male a nessuno custodire questo interrogativo quando ci si trovasse di fronte a un dibattito o a un consiglio comunale o a una qualsivoglia votazione.
Questo non vuol dire rinunciare al confronto né alla discussione (magari animata) e neppure alla critica costruttiva: guai se tutto ciò mancasse nell’amministrazione della polis!
Piuttosto significa, almeno per un credente, che l’orizzonte è più ampio di ogni schieramento politico e che le motivazioni e i fini contano di più di ogni singolo interesse. Significa anche che a volte certe scelte sono impopolari, ma vanno prese per il bene di tutti e non soltanto per far contento qualcuno.
Infine la riscoperta del ruolo di guida e di riferimento per la Città penso implichi una costante verifica della levatura della nostra stessa umanità, ossia di quanto ciascuno di noi sa essere una persona valida, di spessore, un grande uomo o una grande donna. E ciò ancora una volta, non perché si sia migliori di altri o senza pecche (sarebbe illusorio!), ma per la passione e l’entusiasmo che dovrebbe contraddistinguere chi si impegna per la cosa pubblica; per la continua formazione personale e lo studio che dovrebbero caratterizzare questo tipo di servizio; per l’onestà d’animo e di intenti che dovrebbe identificare chi fa politica; per il grande rispetto reciproco, la correttezza e la signorilità dei galantuomini che dovrebbero distinguere simili persone…
Nelle nostre cittadine invece, a volte accade che siano i più chiacchieroni ad assumere certi ruoli o i più brontoloni a scaldare gli animi o i più… “corti” a farsi avanti dal momento che altri, magari anche più qualificati, hanno declinato l’invito ad esporsi. Forse un po’ di autocritica sia personale che all’interno degli schieramenti non guasterebbe per verificare con quali volti e con quali intenti si voglia realizzare il bene della nostra Città.
Rimane il fatto che chiunque fa qualcosa sbaglia, mentre chi non si sporca le mani non sbaglia mai! Vogliamo dunque essere riconoscenti nei confronti di coloro che hanno a cuore la Città e i suoi problemi, così come la sua crescita e il suo miglioramento.
Non disdegniamo di invitare i giovani a riscoprire la cosa pubblica come uno degli ambiti privilegiati per iniziare a fare la differenza.
Impariamo poi tutti a comprendere sempre meglio cosa sia la corresponsabilità e l’impegno civico che, se necessariamente deleghiamo ad alcuni di essere costantemente e più da vicino addentro all’amministrazione diretta della Città, ciò non comporta mai che tale delega sia “in bianco”, né tantomeno che significhi disinteresse.
Nel 1940 all’inizio della catastrofe della seconda guerra mondiale, così scriveva don Primo Mazzolari: “A cosa serve avere le mani pulite se poi si tengono in tasca? Bisogna usarle le mani!”. In quest’epoca della catastrofe del pensiero e degli ideali, c’è più che mai bisogno che tutti togliamo di tasca le nostre mani, senza più voltarci dall’altra parte!
don Mauro