12 settembre 2021
Eb 3, 1-6
“Fratelli santi, partecipi di una vocazione celeste, fissate bene la mente in Gesù”: oggi, giornata vocazionale per la nostra Comunità, ci viene donato un segno, semplice eppure altamente significativo. Un nostro giovane sceglie di consegnarsi totalmente al Signore e domanda alla Chiesa di candidarsi per il Ministero ordinato. Una scelta e un affidamento; una decisione per la vita e nel contempo un lasciarsi condurre, spogliandosi sempre più della propria volontà, per rivestirsi di quella stessa di Cristo! Ecco perché l’autore della lettera agli Ebrei ci ha invitati a fissare bene la mente in Gesù, perché non sarebbe possibile volere ciò che Lui vuole se non si è in sintonia con Lui.
Egli è “l’apostolo e il sommo sacerdote della nostra fede”: ossia l’annunciatore, il testimone dell’affidamento totale a Dio; e nel contempo il sacerdote di questo affidamento, cioè colui che lo ha realizzato nel sacrificio (l’offerta) di tutto se stesso al Padre sull’altare della Croce. Possiamo allora comprendere che l’annuncio della fede, dell’affidamento radicale come stile di vita autentica, si attua nella consumazione di se stessi come ha fatto Gesù: consumazione per il bene e il perdono; consumazione per la disponibilità e il servizio; consumazione nel dovere quotidiano e nelle prove; consumazione nella preghiera e nella sopportazione di ciò o di chi ci può risultare sgradevole; consumazione nell’amore e nella generosità.
Caro Luca, l’abito nuovo che oggi indossi dirà agli occhi di tutti che tu hai scelto di consumare così la tua giovinezza, le tue energie migliori, la tua salute, i tuoi affetti, la tua persona…
Gesù, dice ancora l’autore della lettera agli Ebrei, “è stato fedele in tutta la sua casa”, una citazione dal Primo Testamento (Nm 12, 7) che vuole indicare che soltanto Lui, Gesù, è l’unico fedele a Dio! Quasi a ricordarci che i nostri piccoli e anche sinceri tentativi di fedeltà poggiano sempre sulla Sua grande fedeltà incrollabile: noi cadiamo, siamo infedeli, gridiamo di continuo “aumenta la mia fede” e, spesso, dopo un momento di slancio e di entusiasmo generosi, siamo subito ripiegati e vili come Pietro.
Saranno tanti i passi falsi del cammino, caro Luca; saranno molte le manchevolezze e i peccati, ma ricorda che Lui è l’unico fedele e non ti scaricherà mai, non avrà mai vergogna di te e mai avrà ritegno di fronte alle tue debolezze. Ricorda che tu sei il suo tesoro come ripete tutta la Bibbia quando riporta l’espressione sponsale che Dio continuamente proferisce: “Tu sei mio e io sono tuo”. E anche quando ti sembrerà di affondare, torna a guardare fisso Gesù e non il vento o le onde (Mt 14,30); guarda Lui, che anche nei fallimenti o nelle delusioni continuerà a fidarsi di te.
Ancora, l’autore della lettera afferma che Gesù è “il costruttore della casa che siamo noi”: Lui ci edifica, ci modella, ci converte, ci abbellisce, ci purifica, ci fa crescere. Significa che siamo nelle sue mani e che Lui è più grande di tutto, più grande di me. Allora non tutto pesa su di me; non sono solo; è Lui che plasma me e la Chiesa e recupera persino l’argilla venuta male per farne sempre un capolavoro (Ger 18,1-4)! Che consolazione e che meraviglia! Dio non scarta niente e nessuno, a differenza di noi. Lui è il Signore della Chiesa, Lui è il protagonista della pesca e solo per questo non ci è consentito disperarci, mai! Non siamo quindi noi a salvare la Chiesa, né la salvano i nostri eventuali successi.
Ti auguriamo Luca di essere felice non per quello che farai, ma semplicemente per aver detto a qualcuno che Dio c’è, che la vita ha un senso e che tu per primo lo stai sperimentando e solo per questo lo vuoi comunicare anche ad altri. Altri che a volte ti ignoreranno; altre volte ti riterranno un fallito o un mezzo uomo; altre volte persino si prenderanno gioco di te. Poche volte ti crederanno e ancora meno avranno il coraggio di seguire Gesù: è il mistero grande della libertà dell’uomo. L’importante è che tu abbia scelto e che la tua vita sia per questo significativa, ricca di valore e di autenticità umana.
Infine, la lettera agli Ebrei ci ha indicato l’obiettivo dell’opera edificatrice di Cristo: condurci alla libertà e alla speranza.
Anzitutto la libertà: esiste una purificazione passiva mediante la quale Dio, per renderci liberi, toglie tante cose, poco per volta, fino a toglierci anche le cose di Dio, fino (per un prete) a smontare il tuo ministero e le tue capacità per farti capire che vuole te e non le tue cose, pur belle e feconde.
Ricorda Luca che quando sembra che il ministero esteriore si frantumi, in realtà proprio allora raggiunge la sua pienezza e il suo significato perché solo quando ci abbandoniamo davvero a Dio possiamo essere preti fino in fondo, cioè fino alla morte e fino al compimento, ossia totalmente, senza più modalità congeniali di dare la vita, ma solo dando tutto ciò che abbiamo per vivere: tempi, persone, modi, tipo di attività… Solo così la libertà è assoluta, anzi è nulla, così che anche il Tutto non sia imbrigliato in niente e finalmente sia amore vero!
E poi la speranza che indica una continua nuova consegna perché non c’è che la promessa, senza niente in cambio: la terra è sempre altrove, è sempre altro… un Altro! E allora “damme n’aggiustata Signore” come ripeteva il martire don Andrea Santoro, affermando che nulla ci appartiene: né il ministero, né la nostra identità e neppure il celibato o il sacerdozio; ma sempre occorre ripartire e mutare in qualche cosa, in tanto, in poco, in tutto perché c’è sempre un nostro personale Isacco da mettere sull’altare per lasciarlo andare ed evitare che diventi Dio.
E allora, caro Luca, l’abito che da oggi ti contraddistinguerà è in realtà un bel fardello da portare, soprattutto nel contesto contemporaneo. E tuttavia la gioia che oggi scegli è quella autentica: non perché “sballa” o rimuove i problemi, ma proprio perché passa attraverso tutto nella vita e in questo tutto, fatto di volti, esperienze, alti e bassi, fatiche, consolazioni…, riconosce la Mano che conduce, l’Abbraccio che attende, il Sorriso che conforta, l’Amicizia che sostiene, il Volto che rincuora, la Provvidenza che riconduce a casa.
don Mauro